Lombardia: terra di mafia e di beni confiscati (sono 2616, a gennaio 2025)
La disciplina relativa alle modalità di raccolta dei dati dei beni sequestrati e confiscati è dettata dal Codice antimafia (decreto 159 del 6 settembre 2011). Prima di questo codice, tale adempimento era previsto dalla legge 109/1996.
di Martina Maria Tenti
Il legislatore, attraverso questa norma, ha voluto creare uno strumento funzionale all’esercizio di un controllo democratico sull’efficacia dell’attività giudiziaria e amministrativa relativa ai beni oggetto di misure di prevenzione.
Inoltre, l’esigenza di istituire una Banca dati centrale (Bdc) prende le mosse dalla frammentarietà dei dati fino ad allora raccolti dalle Amministrazioni. Si prevede anche che i dati raccolti siano trasmetti all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC), che ad oggi ha una competenza in materia di amministrazione diretta dei beni solo a partire dalla confisca di secondo grado.
I beni confiscati permettono di avere un’ampia descrizione della geografia mafiosa di ogni territorio. Lo strumento della confisca dei beni è un provvedimento di carattere preventivo patrimoniale che ha lo scopo di contrastare la criminalità organizzata attaccandola nei suoi patrimoni. Esistono tre categorie di beni, ognuna delle quali ha delle peculiarità normative e di reimpiego. Si trovano i beni mobili, beni immobili, beni mobili registrati, beni finanziari e aziende.
Un’importante novità riguarda la direttiva UE 2024/1260 che rappresenta un cambiamento significativo nelle strategie di recupero dei beni anche nel territorio europeo. Nello specifico, consente di confiscare beni non direttamente collegati a un reato, quindi, è sufficiente che i beni siano identificati come patrimonio ingiustificato in indagini connesse a reati e che l’autorità giudiziaria sia convinta della loro derivazione da attività criminali. Successivamente, la direttiva include nella categoria dei beni da confiscare anche quelli ottenuti indirettamente da attività criminali e beni trasferiti a terze parti e ha permesso il potenziamento dei poteri investigativi introducendo nuove tecniche di indagine finanziaria con un accesso ampliato a banche dati nazionali e internazionali.
Questa direttiva sottolinea la volontà di effettuare grandi passi in avanti nella lotta alla criminalità organizzata poiché promuove la sinergia tra le istituzioni e valorizza l’esperienza italiana nel riuso sociale dei beni confiscati.
L’aspetto più saliente dei beni confiscati riguarda il loro riutilizzo sociale. È essenziale raccontare quello che avviene quotidianemente sui beni confiscati alle mafie per avvicinare la cittadinanza a comprendere il cambiamento in positivo di questi beni con l’obiettivo di dare vita a nuove pratiche di economia e di sviluppo sostenibile. L’ambito di reinseimento sociale di questi beni comprendere varie macrocategorie così riassunte:
56,5% Welfare e politiche sociali;
25,9% Promozione culturale, sapere e turismo sostenibile;
9,9% Agricoltura e ambiente;
4,8% Produzione lavoro;
3% Sport;
0,7& Altro.
L’iter di gestione di un bene confiscato può essere così sintetizzato: la prima fase consiste nell’apprensione del bene quindi rappresenta il momento del sequestro (misura di carattere cautelare temporanea per evitare la ripetizione del reato) e della confisca (comporta il passaggio della proprietà del bene allo Stato). Successivamente, inizia la gestione temporanea del bene dove emerge la figura dell’amministratore giudiziario. La terza fase si esplica nell’assegnazione del bene da parte dell’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alle mafie che si conclude con il riutilizzo a fine sociali.
Dal momento del sequestro fino alla sua destinazione, i beni confiscati seguono l’iter sopra descritto durante il quale assumono una classificazione diversa a seconda della fase. I beni in amministrazione sono beni sottoposti a confisca non definitiva, quindi ancora in attesa di giudizio a seguito di impugnazione o ricorso. Dalla confisca di secondo grado, i beni passano sotto l’amministrazione diretta dalla ANBC. Fino a quel momento sono gestiti da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Invece, i “beni destinati” comprendono i beni giunti alla fine dell’iter legislativo, dalla conquista fino appunto alla destinazione. In questa categoria rientrano i beni trasferiti ad atre amministrazioni dello Stato, per finalità istituzionali o usi governativi, o ai Comuni o Regione, alle città metropolitane o alle Province per scopi sociali. La destinazione chiaramente non implica automaticamente l’avvenuto riutilizzo sociale. Risultano purtroppo soventi i casi in cui sebbene i beni siano stati trasferiti, gli Enti locali non riescono a garantire un tempestivo riutilizzo per finalità sociali.
In Lombardia a gennaio 2025 troviamo 2616 beni confiscati di cui 1380 sono già stati destinati ai Comuni, mentre i restanti sono ancora in gestione all’ANBC. I soggetti che si occupano di questi beni sono diversi e troviamo le associazioni al 53%, le Cooperative sociali al 24% e infine il 5% con Fondazioni ed Enti Ecclesiastici. Le diverse realtà impegnate nella gestione sono diffuse in 75 Comuni lombardi.
La diffusione dei beni confiscati in Lombardia sta aumentando a macchia di leopardo, come dimostra la cartina esplicativa realizzata da CROSS (Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano), e CGIL Lombardia, in occasione della presentazione dei risultati del progetto di ricerca intitolato “MAFIA ED ECONOMIA IN LOMBARDIA”, presentato a giugno 2024.
Le associazioni, i sindacati e le cooperative si sono riunite per elaborare delle proposte da presentare a Regione Lombardia sulle tematiche dei beni confiscati che vengono così sintetizzate:
- Incrementare lo stanziamento di fondi triennale 2025-2027, anche attingendo alle risorse dei fondi di coesione della programmazione 2021-2027;
- Aumentare, per i Comuni, il tetto del limite dei 150 mila euro di contributo e di rendere più graduali le proporzioni della quota massima riconosciuta a seconda della dimensione dell’ente locale, mantenendo ferma la percentuale base dei piccoli Comuni;
- Per gli enti del terzo settore, modificare le procedure al fine di rendere agevole l’accesso ai finanziamenti;
- Istituire un fondo specifico per sostenere “a sportello” quegli interventi di recupero di beni confiscati di rilevanti dimensioni che spesso si trovano in Comuni con ridotta popolazione e quindi con minori capacità di spesa e per i quali occorrono progettualità complesse;
- Attivare la consultazione degli enti del terzo settore nell’aggiornamento del Piano strategico di legislatura per i beni confiscati, previsto entro il 30 aprile 2025;
- Con riferimento alle aziende sequestrate e confiscate, prevedere non soltanto interventi di carattere formativo, seppur importanti per aumentare le competenze nel settore, bensì anche linee di accesso al credito e di sostegno agli investimenti allo scopo di garantire la continuità produttiva e la salvaguardia dei posti di lavoro, anche attraverso la costituzione di cooperative dei lavoratori come già realizzato in altre Regioni;
- Poter implementare il nuovo sistema informativo attraverso la piattaforma regionale Viewer, in collegamento con l’Agenzia nazionale e gli enti locali, un’esperienza positiva da diffondere attivando la partecipazione delle comunità territoriali, assieme ai percorsi formativi per enti locali e terzo settore già realizzati.
A marzo 2025 possiamo sottolineare i grandi passi avanti che sono stati fatti sia nella cornice normativa della gestione dei beni sia in quella amministrativa. L’ANBC ha avuto un ruolo cruciale ponendosi come raccordo tra gli enti nazionali e le amministrazioni locali ma la strada è sicuramente molto lunga. Le nuove modalità di destinazione dei beni, attraverso la Piattaforma Unica delle Destinazioni pongono nuove responsabilità in campo ai comuni e agli Enti del terzo settore. Il riuso sociale è una prassi consolidata ma è sicuramente un’opportunità di rivincita dei nostri territori sulle mafie e un loro grande indebolimento.
Le immagini a inizio e fine dell’articolo sono state scelte dalla redazione della “bottega”.
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