• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > L’evoluzione della crisi siriana: dove va il Medio Oriente?

L’evoluzione della crisi siriana: dove va il Medio Oriente?

Una delle domande ricorrenti sulla drammatica guerra civile siriana riguarda l’identità dei misteriosi artiglieri che sparano colpi di mortaio verso il territorio turco.

Una famiglia massacrata, alcuni feriti e danni limitati, ma anche un alto timore che il conflitto si allarghi verso dimensioni difficilmente circoscrivibili e ancor più difficilmente prevedibili.

Che dietro la Turchia ci sia la Nato lo sappiamo tutti, e che dietro la Siria ci sia l’Iran, ma anche una Russia poco propensa ad abbandonare il regime di Assad al suo destino, anche questa è cosa nota. Il conflitto siriano rischia dunque di allargarsi verso scenari apocalittici, come una possibile resa dei conti USA-Iran, con la Nato tirata dentro per i capelli e con Israele come spettatore (?) piacevolmente sorpreso che qualcuno gli tiri fuori le castagne dal fuoco; oppure come attore protagonista al fianco degli ostili (ex-amici) turchi.

La memoria non può che andare al giugno del 2011 quando una manifestazione di “profughi” palestinesi e siriani (tutti piuttosto giovani, da cui il dubbio che il termine ‘profugo’ sia usato poco correttamente in questo caso) tentarono di forzare il confine israeliano sulle alture del Golan.

L’occasione era il 44° anniversario della Naqsa (la sconfitta araba nella guerra dei sei giorni), preceduta un mese prima da una manifestazione simile organizzata sul confine libanese per il 63° anniversario della Naqba, la catastrofe palestinese in seguito alla nascita di Israele; anche in questo caso si voleva celebrare l’anniversario abbattendo simbolicamente il confine dello stato ebraico.

In entrambi i casi la reazione israeliana fu estremamente dura e numerose persone persero la vita. Molti commentatori si sono chiesti il motivo di una reazione così sproporzionata rispetto alla reale portata dei fatti, ma non mancarono di evidenziare che i primi segni della ‘primavera siriana’ erano già evidenti da alcuni mesi, con decine di morti proprio nei giorni della manifestazione al confine.

E forse è superfluo ricordare che in Siria non ci si avvicina ai reticolati israeliani se i servizi di Assad non lo permettono, così come in Libano non lo si fa se Hezbollah non vuole.

Non furono pochi perciò gli analisti che interpretarono i fatti sanguinosi al confine come un tentativo del regime di esportare la crisi interna verso il più classico dei nemici esterni. Per compattare il mondo arabo contro l’avversario di sempre o per ricordare ai ribelli che il nemico dell’Islam non era Assad, ma il sionismo. O, più banalmente, per distrarre l’attenzione popolare e mediatica dalla fragilità crescente del suo regime.

A distanza di un anno e poco più, la vicenda sembra ripetersi a danno questa volta del vicino turco, ex buon amico del regime baathista ed oggi ripetutamente provocato prima con l’abbattimento di un jet della propria aviazione militare, poi con l’intensificarsi degli attacchi curdi latentemente (ma non tanto) lasciati liberi di agire dai siriani ed ora con i colpi di mortaio ripetuti per giorni.

Bastano le scuse del regime per calmare il governo di Ankara, determinato a parole, ma estremamente prudente nelle risposte sul campo ?

George Sabra, esponente cristiano dell’opposizione siriana, intervistato dall’Unità parla abbastanza chiaramente: “Quei colpi di mortaio sparati contro i villaggi turchi di confine non sono un “incidente” ma una scelta meditata da parte di Bashar al-Assad: quella di regionalizzare il conflitto”. Dove per “regionalizzare” si intende chiamare in causa direttamente le forze “amiche” più vicine, tipo Hezbollah, capace di travolgere il Libano nell'ennesima catastrofe o, di nuovo, il nemico giurato israeliano (recuperando in questo caso le simpatie di Hamas, oggi più vicina ai ribelli che ai governativi); ma tirare dentro anche l’Iran e la Russia che non vuole perdere le sue uniche basi navali nel Mediterraneo. Rischiando, provocando la Turchia, di tirarsi addosso la Nato.

Assad però non è uno sconsiderato inesperto. Sa bene come tutti siano (per ora) restii a lasciarsi coinvolgere in un gioco al massacro dagli esiti imprevedibili (sbagliato: gli esiti sono prevedibili e si chiamano conflitto USA-Nato-Israele contro Teheran).

Lo scenario siriano è lo schema in scala minore di quello iraniano. Se salta il tavolo a Damasco il mondo si avvicina paurosamente al conflitto iraniano. E Assad lo sa; e sa che il mondo non è ancora pronto per questo (non finché c’è Obama a Washington, non finché la crisi economica travaglia l’Europa). E sa quanto sia forte l'opposizione verso pericolose avventure militari, a partire proprio da Barack Obama fino agli alti vertici delle forze armate israeliane.

Per questo, forse, sarà disposto ad alzare il livello dello scontro fino a che le potenze vicine non capiranno l’antifona e non cominceranno a smorzare i toni e gli aiuti all’opposizione. Una disdetta per il mondo sunnita impegnato ormai da tempo a contrastare la crescente influenza sciita nel vicino oriente e, forse, una disdetta per chi in Israele voleva forzare la mano e fare i conti una volta per tutte con il regime degli ayatollah, travolgendo nell’attacco anche i siriani nemici di sempre (ma che fino all’anno scorso hanno anche garantito per mezzo secolo una sostanziale tranquillità sul Golan).

Il discorso di Netanyahu all’ONU sembra aver rimandato la questione del nucleare iraniano alla prossima estate (magari con un Romney alla Casa Bianca ?), favorendo di fatto la politica delle sanzioni; la presumibilmente prossima crisi di governo a Gerusalemme, con prevedibili elezioni anticipate, conferma un allentamento della pressione da parte del governo di Gerusalemme che bilancia l'aumento della pressione da parte siriana. In attesa di vedere chi siederà sullo scranno più alto d'America.

Forse i vasi comunicanti del medioriente in fiamme si stanno avvicinando al momento dello stallo; al nulla di fatto (salvo per i trentamila che ci hanno già lasciato la vita). Fino al prossimo giro, naturalmente.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.35) 11 ottobre 2012 10:57
    Damiano Mazzotti

    Provate a guardare questo sito e forse capirete chi ha interesse a creare le condizioni per vendere un sacco di armi e di cure, nel caso di una terza guerra mondiale: www.obiettivosiria.it. Infatti ci sono multinazionali che vendo armi e poi hanno grandi partecipazioni azionarie anche nelle case di cura private, nelle costruzioni edili (durante le guerre anche gli edifici vengono eliminati o danneggiati).

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 11 ottobre 2012 11:11
    Fabio Della Pergola

    Che l’economia spieghi "molto" della maggior parte dei conflitti è fuori discussione. Soprattutto là dove si parla di petrolio o rotte strategiche eccetera. Pretendere di spiegare "tutto" con gli interessi economici è invece molto discutibile. Esistono conflitti di ordine culturale, occidente-islam, sciiti-sunniti, e fino a poco fa cristiani-ebrei eccetera, che non possono essere sottovalutati. Pena una visione distorta e parziale della storia.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.35) 11 ottobre 2012 12:16
    Damiano Mazzotti

    Certamente... E certamente queste diversità culturali vengono esagerate e si provocano attentati in modo da fomentare le guerre civili per dividere e indebolire le nazioni non allineate..

    Nel dopoguerra in Iraq due militari dei corpi speciali del Regno Unito furono catturati dalla polizia Irachena mentre andavano in giro in auto o jeep travestiti da arabi per mettere bombe e sparare alla popolazione civile per esasperare le lotte tra le minoranze.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 11 ottobre 2012 12:40
    Fabio Della Pergola

    Che l’occidente forte del suo passato colonialista e imperialista abbia elaborato strategie molto sofisticate che risalgono alla Roma dei Cesari (divide et impera) è fuori discussione. E che l’esasperazione delle divisioni interne siano spesso opera di agenti provocatori è altrettanto fuori discussione.

    Ma il punto è: solo l’occidente fa politica estera ? Non credo. E quindi non solo l’occidente pratica iniziative mirate a destabilizzare quelle che chiami "nazioni non allineate" (non allineate a chi ?). La strategia stragista è ampiamente praticata da forze che si richiamano all’islam oppure tutti gli attentati (a partire dal fatidico 11/09) sono stati pianificati dai servizi occidentali ?

    Le finalità ? Per l’Afghanistan si era parlato di un chilometrico gasdotto (mai visto). Per l’Iraq dell’impadronirsi del petrolio (vero, ma ci vorranno decenni di barili per ripagare le spese militari di una guerra catastrofica)...

    Il rischio è di darsi spiegazioni che rispondono alla propria ideologia anziché vedere (o almeno provarci) una realtà molto più sfaccettata.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 16:11
    Damiano Mazzotti

    La Turchia, Israele e alcuni stati arabi pieni di petrodollari hanno naturalmente interessi più ravvicinati e importanti, rispetto ai paesi occidentali. La destabilizzazione favorirebbe i paesi arabi più lontani da Israele.

    In Afghanistan ci sono le terre rare necessarie per costruire computer, telefonini e nuove tecnologie elettroniche. In Iraq ci hanno guadagnato moltissimo le multinazionali del terrore: ci fabbrica armi, chi gestisce la sicurezza e chi ha preso in appalto le ricostruzioni.

    I cittadini e gli stati non ci guadagnano mai nulla dalle guerre. Sono solo le banche, gli industriali e le multinazionali che ci guadagnano sempre. L’epoca della distribuzione delle terre ai soldati superstiti e vittoriosi è finita da un bel pezzo.

  • Di (---.---.---.108) 11 ottobre 2012 17:18

    L’articolo è molto interessante. Prenderò in considerazione quanto raccontato dall’autore Fabio della Pergola. 

    Riguardo all’Afghanistan la storia dell’oleodotto, raccontata da molte fonti è verosimile. E’ poi un dato di fatto che ancora dopo undici anni la situazione di tensione in quel paese, sopratutto nella regione dove il predetto oleodotto doveva essere costruito, non permette di realizzarlo. Sempre che i piani industriali siano rimasti gli stessi.
    Per quanto riguarda l’Iraq, mi sembra di ricordare che il "casus belli" fossero le armi di distruzione di massa del regime (mai trovate). Devo poi concordare con Damiano Mazzotti quando dice che i cittadini finanziano le guerre con le loro tasse ma poi non ci guadagnano niente. Fossi un petroliere non mi preoccuperei tanto di quanto è costata una guerra, tanto con i nuovi contratti inizio a guadagnare da subito.
    Sul fatto che non sono solo i paesi occidentali a fare politica estera, condivido perfettamente il suo pensiero. Non dobbiamo dimenticarci però che solo i paesi "ricchi" si possono permettere di fare le cose in grande.
  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 11 ottobre 2012 17:43
    Fabio Della Pergola

    Non essendo un cronista non posso "raccontare", ma solo fare delle ipotesi che poi, come tutte le ipotesi, possono essere smentite o confermate dai fatti. Una delle ipotesi che non sono mai state confermate è quella che indicava nell’oleodotto la "vera" causa della guerra afgana. Già a suo tempo ne criticavo i presupposti. Avendo conosciuto il territorio afgano ancor prima che ci arrivassero i russi, modestamente ritenevo che un tubo in vista o interrato in quel particolare territorio, per migliaia di chilometri, attraverso lande desertiche e montagne inaccessibili, fosse assolutamente indifendibile (un esempio ? gli attentati al gasdotto nel Sinai). E conoscendo un po’ gli afgani e la loro storia mi è sempre sembrato poco convincente l’idea di una ’pacificazione’ portata da occidente. Se due più due fa quattro i casi sono semplici: o le cancellerie occidentali sono piene di incapaci (il che può essere) oppure le motivazioni ideologiche, culturali, religiose hanno una loro valenza che non si può trascurare e che, in certi frangenti, può essere più significativa di quella economica (anche se le multinazionali ci guadagnano sempre, sia chiaro).
     
    Inoltre nelle democrazie occidentali c’è un "rendiconto finale" che si chiama elezioni politiche o presidenziali. E non è detto che la gente se la beva sempre e comunque quando poi vede che i bilanci sono in rosso e lo stato ha speso miliardi di dollari per portare a casa un tot di ragazzi morti.

    Per il resto basta leggersi qualcosa di storia del Libano per capire quanto è difficile capire qualcosa delle vicende mediorientali.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 18:31
    Damiano Mazzotti

    Ma le elezioni non cambiano le cose: i Rockefeller & C., le grandi banche d’affari possono comprare chi vogliono quando vogliono: a destra e a sinistra, molto in alto e molto in basso. Esiste forse una forza politica che può fare a meno dei contributi elettorali? Esiste forse un politico che non puo essere corrotto oppure ucciso?

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 11 ottobre 2012 18:47
    Fabio Della Pergola

    Se siamo convinti che le elezioni non cambino le cose, si proponga un regime non democratico, si chieda che vengano abolite le elezioni politiche e che si applichi la censura su ogni tipo di informazione; inutile perdere tempo a discutere. Evidentemente non è esattamente come dice il pessimista Mazzotti. Esiste un sistema democratico che ha i suoi contrappesi e le sue dinamiche di controlli incrociati fra i poteri. Se e quando non funzionano bisogna intervenire, con il controllo della stampa e della magistratura per farli funzionare.

    In fondo anche un Nixon se l’è presa in tasca ai suoi tempi ed aveva fior di spalleggiatori.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 20:15
    Damiano Mazzotti

    Servono nuovi partiti non fossilizzati sulle tradizioni familiari. Il sistema bipolare è un modo astuto per favori i burocrati paramafiosi che si nascondono dietro i politici attori o marionette.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 20:22
    Damiano Mazzotti

    Nixon se l’è presa in tasca perchè ai suoi tempi i padroni della moneta e delle multinazionali non erano ancora riusciti a comprarsi quasi tutti i giornali o i direttori della stampa e della tv. Oggi la Tv americana è in mano a soli 4 o 5 grossi gruppi industriali dell’informazione.

    E ai suoi tempi la leva era ancora obbligatoria. Provate oggi a costringere i giovani figli di papà delle classi medie a morire in guerra. In guerra ora ci vanno ispanici, persone di colore e bianchi montanari, texani montati o morti di fame, e quelli di origine straniera per ottenere la cittadinanza.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 20:38
    Damiano Mazzotti

    Nixon se l’è presa in tasca perché a quei tempi i padroni della moneta e delle multinazionali non erano ancora riusciti a comprarsi tutti i grandi giornali, le tv e i loro direttori.

    E a quei tempi c’era ancora la leva obbligatoria dei giovani. Oggigiorno a fare la guerra in prima e seconda linea dove si muore non ci sono i giovani delle classi medie e medio-alte. Quelli sono nei livelli gerarchici dove si guadagna molto e si fa carriera. A combattere ci vanno gli ispanici, le persone di colore, i bianchi montanari, i texani montati e i pochi bianchi morti di fame. Oltre a naturalmente quelli di origine straniera pur di ottenere la cittadinanza.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 11 ottobre 2012 21:06
    Fabio Della Pergola

    ok, prima ti chiedi se esiste mai un politico che non può essere corrotto, poi parli di nuovi partiti non fossilizzati... mi sembra una contraddizione. Se esistono politici incorruttibili (e io ingenuamente ne sono certo, penso ad esempio al presidente della regione toscana che quand’era assessore alla sanità regionale ha spedito in galera la rappresentante di una casa farmaceutica che cercava di comprarselo) possono esistere in qualsiasi formazione politica, non è il partito in sé che offre garanzie maggiori.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 11 ottobre 2012 22:47
    Damiano Mazzotti

    I partiti marci fanno marcire anche le persone buone.

    Nei partiti nuovi, se anche corrompi o ammazzi qualcuno, saranno in molti quelli in grado di reagire. Dopo quello che sta succedendo in Italia pensi davvero che tutti gli altri non sapessero e non godessero di nulla?

    E grazie a Dio, qualche sano ancora c’è rimasto, altrimenti ci toccherebbe un altro diluvio universale...

  • Di (---.---.---.108) 12 ottobre 2012 10:44

    Sig. Della Pergola e Mazzotti,


    forse state rischiando entrambi di spostare il discorso su temi troppo generali: elezioni, democrazia, multinazionali. Questo non aiuta a comprendersi. Ho apprezzato l’articolo perché il Sig. Della Pergola, pur avendo una sua idea, mi sembra in buona fede, è solo una persona che si informa, che può avere notizie diverse dalle mie. Se non ci concentriamo sui temi specifici ma passiamo a quelli generalisti abbiamo tutti ragione ma non ci capiremo mai.
    Se mi posso permettere, esistono alcuni importanti indizi riguardo la teoria dell’oleodotto in Afghanistan che, anche se non possiamo essere sicuri al 100% portano inevitabilmente verso quel pensiero. Mi risulta che il regime dei talebani sia stato l’unico ad assicurare al loro paese una certa stabilità negli ultimi 20 anni. Quando andarono al potere (a fine anni novanta controllavano il 90% del territorio afgano) vennero subito riconosciuti dal governo americano. Ci sono evidenze della trattativa tra governo talebano e americano. Su internet fino a poco tempo fa si trovava un documento ufficiale di un’audizione al senato americano di un importante dirigente della Unocal (John Maresca) che da forza alla teoria dell’oleodotto. Infine, l’attuale presidente afgano, se non sbaglio, è un ex collaboratore Unocal. Mi risulta più facile pensare che nelle intenzioni americane sembrasse più facile stabilizzare quel paese piuttosto che credere che fossero degli incompetenti, ma posso anche sbagliarmi. Di sicuro non credo che fu un intervento che avesse lo scopo di prendere Bin Laden e portare la democrazia in Afghanistan.
  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 12 ottobre 2012 11:02
    Fabio Della Pergola

    Ha ragione 108. Volevo riflettere sulla crisi siriana e piano piano il discorso è scivolato altrove. D’altra parte Mazzotti ha proposto argomenti interessanti su cui riflettere.

    Sull’Afghanistan può darsi che lei sia più informato di me, ma al momento continuo a ritenere che anche se l’amministrazione americana avesse avuto in mente di progettare e contruire l’oleodotto di cui si parla (cosa che credo possibile e su cui non ho nulla da obbiettare), ripeto che la teoria dell’oleodotto come ’motivazione reale della guerra’ (ipotesi che fu ventilata quando gli Stati Uniti decisero per l’attacco a seguito della vicenda Bin Laden-Mullah Omar) mi è sempre sembrata insostenibile. Una bufala fantasiosa insomma. Per ora resto del mio parere. Saluti.

  • Di (---.---.---.108) 12 ottobre 2012 12:14

    Sig. Pergola, la ringrazio per aver letto la mia opinione, non so se sono più informato di lei e comunque non credo di doverla convincere di niente. Già parlando di queste cose in buona fede e in modo educato dimostriamo una buona volontà, e un livello di informazione tale, che mi piacerebbe riscontrare anche sul main stream in telegiornali e giornali.

    Le propongo la visione del filmato del Generale americano Wesley Clark, che non è di certo un fanatico complottista antioccidentale. Anche in questo caso si tratta solo di un indizio. Perché trovare delle prove su questi argomenti così delicati, spesso oggetto di depistaggi e controinformazione, è assai difficile. Siamo tutti soggetti influenzabili a causa delle asimmetrie informative che produce ogni tipo di propaganda. 

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.63) 12 ottobre 2012 12:40
    Fabio Della Pergola

    Il modo educato deriva dalla semplice constatazione che non c’è alcun bisogno reale di urlarsi addosso e tanto meno di offendersi a vicenda. Qualche volta capita di arrabbiarsi e reagire con passionalità, ma non è necessario pensare che l’altro, con idee diverse, sia per forza un nemico da abbattere.

    Per il resto lei sa bene quanto lo so io che sui grandi temi di politica in generale e di politica estera in particolare noi tutti conosciamo (forse) un centesimo di quello che si muove in realtà. Questo ci dà possibilità minime di capire e nulle di interagire. Ma non ci può togliere la voglia di pensare credo. Tutto qua. Saluti

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares