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Nel centenario della nascita “Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta”, il saggio di Giuseppe Barone

Nel centenario della nascita “Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta”, il saggio di Giuseppe Barone

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Nel centenario della nascita di Danilo Dolci, detto il Gandhi italiano, l’editore Altraeconomia pubblica una nuova edizione di “Danilo Dolci. Una rivoluzione non violenta. La vita e l'opera di un uomo di pace”, saggio a cura di Giuseppe Barone; mentre la Sicilia lo celebra con un ricco calendario di eventi dal 26 al 30 giugno tra Trappeto e Palermo, al quale partecipano anche l’attore e scrittore Moni Ovadia e il compositore e violoncellista Giovanni Sollima.

Danilo era venuto al mondo a Sesana, una località allora in provincia di Trieste oggi parte della Slovenia, il 28 giugno 1924. Sua madre Meli aveva origini slave, suo padre era un ferroviere italiano che per un certo tempo aveva lavorato a Trappeto, un paesino di poche anime, in riva al mare a qualche decina di chilometri da Palermo: infanzia che segnò il suo futuro. Giuseppe Barone in “Una rivoluzione nonviolenta” ne fa una biografia chiara e fluente: racconta il Danilo bambino appassionato di letture e di musica, l’istintiva ripulsa del fascismo nell’adolescenza, gli studi universitari di architettura. L’esperienza iniziale di Danilo Dolci con Don Zeno Saltini, creatore di Nomadelfia e apostolo degli ultimi, la decisione poco dopo di traferirsi a Trappeto dove suo padre era stato, paese poverissimo, sorretto da una potentissima quanto rara vocazione umanitaria.

Ancor prima Barone descrive l’incontro con Franco Alasia, suo allievo alle scuole serali a Sesto San Giovanni (Milano) e poi per oltre un ventennio suo braccio destro in Sicilia, col quale Danilo condividerà momenti clou: il digiuno nel 1957 a Cortile Cascino (Palermo) per denunciare l'orrenda situazione dei bassifondi; la nascita della prima radio libera nel 1970, assieme al compagno di lotte Pino Lombardo; l’inchiesta sui rapporti mafia-politica che porterà nel 1966 Dolci e Alasia al processo contro l’allora ministro del Commercio con l’estero Bernardo Mattarella e il sottosegretario Calogero Volpe.

A Trappeto Danilo Dolci nel 1952 farà il suo primo digiuno perché lì era morto un bambino di fame. Poi il digiuno dei mille per denunciare il fenomeno della pesca di frodo che privava della sussistenza i pescatori. Avvierà lo sciopero alla rovescia, che implicava la sistemazione gratuita di una strada demaniale contro la mancanza di lavoro: motivo per il quale il 2 febbraio del 1956 venne arrestato. Memorabile l’arringa difensiva di Piero Calamandrei. L’attribuzione a Dolci nel 1958 del premio Lenin e la nascita, con i soldi del premio, del “Centro studi e iniziative per la piena occupazione”.

Una vita densissima, la cui eredità fisica tocca problemi fondamentali dell’umanità: aiutato dai soli contributi dei comitati sostenitori, la costruzione della diga sullo Jato, di un borgo sulla collina di Trappeto, in gergo chiamato di Dio, per lo studio e la promozione delle creatività dove, tra l’altro, si insegnava il flauto dolce, che Danilo sognava strumento da dare ai più piccoli nelle scuole pubbliche, considerando musica e poesia imprescindibili per lo sviluppo di ciascuno. Prodromi di un metodo che Danilo chiamerà maieutico, la cui struttura e possibili applicazioni lo porteranno a collaborare con i più importanti educatori mondiali e alla costruzione della scuola di Mirto, nei pressi di Partinico dove Dolci abitava, il cui progetto sviluppato dagli architetti milanesi Giancarlo e Giovanna Polo nacque secondo le indicazioni dei bambini stessi.

Le tappe della vita di Dolci e dei suoi collaboratori Giuseppe Barone contrassegna con i libri e le poesie di Danilo che analizza e riassume come riflessione e lascito. Barone scrive che “Alcuni libri documentano le innumerevoli riunioni tenute con contadini, pescatori, donne, bambini: momenti essenziali di ricerca e di crescita individuali e collettive, enucleazione dei problemi più urgenti del territorio, lenta maturazione di consapevolezza, faticosa costruzione di un primo embrione di società civile”. Segue la produzione delle poesie di Danilo sottolineando con una citazione da “Palpitare di nessi” il nucleo della sua aspirazione vitale: “Provando, osservando, meditando, sbagliando e risbagliando, mentre ormai la mia vita sta compiendosi, mi pare di intuire come un mondo nuovo potrebbe crescere, diverso”.

Fino alla “Bozza di manifesto ‘Dal trasmettere al comunicare’” nella quale scrive Barone “vengono denunciati i danni derivanti in ogni ambito da rapporti continuativamente unidirezionali, trasmissivi, violenti e si propone l’alternativa della comunicazione, della maieutica reciproca, della nonviolenza”. “Sono sempre più numerosi i gruppi che, in Italia e all’estero – annota Giuseppe Barone - individuano nell’esperienza di Danilo Dolci e dei suoi collaboratori e nelle idee che ne hanno alimentato l’attività un prezioso punto di riferimento”. Completano “Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta” un ricordo di Luca Baranelli, l’intervista a Danilo Dolci di Mao Valpiana e alcuni scritti e poesie dello stesso Danilo.

Collaboratore di Dolci sin dal 1985, Giuseppe Barone è attualmente vicepresidente del Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci” e coordinatore del comitato scientifico del Borgo Danilo Dolci. Barone, tra l’altro, ha pubblicato “La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci” (Dante & Descartes, 2000; nuova edizione accresciuta 2024). Di Dolci ha, inoltre, curato il Carteggio con Aldo Capitini (“Lettere 1952-1968”, con Sandro Mazzi, Carocci 2008), il volume antologico “Ciò che ho imparato e altri scritti” (Mesogea 2008) e le nuove edizioni di “Racconti siciliani” (Sellerio 2008; nuova ed. 2024) e “Palpitare di nessi” (Mesogea 2012).

Recentemente c’è un rinnovato interesse per l’eredità di Danilo Dolci, scomparso nel 1997, anche grazie all’attivismo della figlia Daniela Dolci che, coadiuvata da un gruppo di collaboratori e con il sostegno di istituzioni svizzere, è impegnata nella ricostruzione del Borgo dove suo padre ha lavorato: edificio sopra la collina di Trappeto (Palermo) destinato a incontri per studi e iniziative di pace attiva, dove si applicava il metodo maieutico, ideato da Dolci, viatico a rapporti umani costruttivi.

 

 

Una trentina quasi, ragazzi e ragazze

non più adolescenti e non adulti

arrivati da paesi diversi

qualcuno smarrito, altri diffidenti

o incupiti: è il primo giorno.

 

Dispongo le sedie a cerchio

cerco si esprimano

li ascolto attentamente – ad uno ad uno

sgrumandosi comunicano:

ogni voce è uno stimolo e un invito

ogni prova di scavo tende a unirli –,

osservo gli occhi disintorbidarsi.

 

(da fuori, un’aria odorosa di funghi –

e non distingui se la voce sia

lo scrosciare degli alberi nel vento

o lo scorrere d’acque in un ruscello)

 

A poco a poco nelle ore intense

si aprono come petali di un fiore.

 

Danilo Dolci “Poema umano”, Torino, Einaudi, 1974, p. 17

 

 

Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta. La vita e l'opera di un uomo di pace

A Cura di Giuseppe Barone

  • Editore‏ : ‎ Altreconomia; Nuova edizione (14 giugno 2024)
  • Copertina flessibile ‏: ‎ 176 pagine

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